La tutela dei contratti a termine

In tema di contratti di lavoro a tempo determinato, il legislatore ha impiegato la formula dell’art. 2119 c.c. al fine di limitarne rigorosamente le modalità di utilizzo.

In particolare, il datore di lavoro non può risolvere anticipatamente il rapporto di lavoro, a meno che non sussista una giusta causa. Qualora la parte datoriale decida di violare questa regola, licenziando ante tempus il lavoratore (e cioè prima del termine naturale del contratto), è tenuto acorrispondergli la retribuzione pattuita in sede di assunzione sino alla cessazione naturale del contratto. E quindi, in virtù di una risoluzione anticipata del contratto a termine, il lavoratore non potrà essere reintegrato sul posto di lavoro, ma avrà diritto ad essere risarcito del danno economico subito.

Il che significa che, il lavoratore assunto con contratto a termine fino al 20 maggio 2021 (ad es.) e licenziato il 20 febbraio 2021(ad es.) - senza che sussista una giusta causa - avrà diritto a percepire la retribuzione dei mesi di marzo, aprile e maggio.

Il punto è stato chiarito da un granitico orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione, del quale si riportauna sentenza del 2009 a titolo di esempio: “Il rapporto di lavoro a tempo determinato, al di fuori del recesso per giusta causa di cui all'art. 2119 cod. civ., può essere risolto anticipatamente non già per un giustificato motivo oggettivo ai sensi dell'art. 3 della legge n. 604 del 1966, ma soltanto in presenza delle ipotesi di risoluzione del contratto previste dagli artt. 1453 e ss. cod. civ. Ne consegue che, qualora il datore di lavoro proceda ad una riorganizzazione del proprio assetto produttivo, non può avvalersi di tale fatto per risolvere in anticipo un contratto di lavoro a tempo determinato” (Cass. sent. 3276/2009).

In ossequio a quanto disposto dalla Suprema Corte, il datore di lavoro può recedere dal contratto prima della scadenza del termine solo se si è verificata una circostanza così grave tale da rendere impossibile la prosecuzione del rapporto di lavoro (c.d. giusta causa).

L’intervenuta “carenza di lavoro per grave crisi aziendale”, per esempio, non rientra nel novero di ipotesi qualificabili come giusta causa, costituendo di fatti un giustificato motivo oggettivo (quindi di natura economica).

In definitiva, la disciplina dei contratti a termine prevede che, il lavoratore licenziato per giustificato motivo oggettivo o pergiustificato motivo soggettivo ha diritto a percepire laretribuzione sino alla scadenza naturale del contratto.

Tale disciplina è stata disposta proprio con il fine di tutelare i lavoratori da eventuali recessi anticipati (e quindi illegittimi).

La regola vale ovviamente anche per il lavoratore, il quale non potrà dimettersi prima della scadenza del contratto, se non in presenza di giusta causa.