Equo compenso

Negli ultimi anni il legislatore ha maturato la consapevolezza di quanto la forza contrattuale di alcuni soggetti come la Pubblica Amministrazione e le grandi imprese bancarie e assicuratrici, siano in grado di incidere nella stipulazione dei contratti, a scapito dei liberi professionisti.

Per questo motivo, il d.l. 16 ottobre 2017 n. 148, convertito con modificazioni in l. 4 dicembre 2017, n. 172 (c.d. decreto fiscale), all’art. 19-quatordecies ha introdotto nel corpo della l. 31 dicembre 2012, n. 247, l’art. 13-bis, rubricato “Equo compenso e clausole vessatorie” (comma 1), estendendo la disciplina del comma 1, con il limite della compatibilità, ai professionisti, di cui all’art. 1 della l. 22 maggio 2017, n. 81, recante “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”.

Il concetto di “equo compenso” nasce quindi dall’esigenza di offrire una risposta al crescente impoverimento di una fetta significativa dei liberi professionisti, a causa dell’azione congiunta di una serie di fattori tra cui la profonda crisi economica da cui l’Italia fatica ad uscire; la perdita di immagine dei liberi professionisti in ogni ambiente sociale, dovuta a varie ragioni (per gli avvocati ad esempio si pensi al numero esorbitante di coloro che svolgono la professione); le pregresse scelte legislative in materia di liberalizzazione delle tariffe professionali.

Tale impoverimento, che si traduce poi in una vera e propria “proletarizzazione” non rileva esclusivamente sul fronte economico, in quanto risulta apprezzabile anche in termine di erosione del potere contrattuale dei liberi professionisti nei rapporti con la clientela.

Il libero professionista negli ultimi anni ha quindi definitivamente assunto il ruolo di “contraente debole”, il che significa che non ha più alcun potere contrattuale, vedendosi pertanto costretto ad accettare qualsiasi condizione, per quanto iniqua possa essere pur di lavorare. 

Per contro, si definiscono “contraenti forti” coloro che sono in grado di dettare le condizioni contrattuali all’interno del rapporto, e che trovandosi quindi in una posizione di privilegio hanno la facoltà di predisporre i vincoli generali di contratto senza alcuna opposizione da parte dell’altro contraente. 

Ai sensi dell’art. 19-quatordecies del decreto fiscale, sono considerati “contraenti forti”: le banche; le imprese assicurative; la Pubblica Amministrazione; le imprese non rientranti nella categoria delle micro/piccole/medie imprese.

A tutela della parte contrattuale “sfavorita”, il legislatore è intervenuto innanzitutto, individuando una serie di clausole (condizioni contrattuali) la cui applicazione è vietata, poiché inique. Si tratta di quelle clausole definite vessatorie, poiché determinano uno squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, avvantaggiando di fatto il contraente forte.

Pertanto, l’art. 13- bis l. 247/2012 prevede la nullità di tutte le clausole vessatorie presenti nei contratti stipulati tra professionista e cliente forte.

In particolare, si considerano vessatorie le seguenti clausole: 

  • Nella riserva al cliente della facoltà di modificare unilateralmente le condizioni del contratto;
  • Nell’attribuzione al cliente della facoltà di rifiutare la stipulazione in forma scritta degli elementi essenziali del contratto;
  • Nell’attribuzione al cliente della facoltà di pretendere prestazioni aggiuntive che l’avvocato deve eseguire a titolo gratuito;
  • Nell’anticipazione delle spese della controversia a carico dell’avvocato;
  • Nella previsione di clausole che impongono all’avvocato la rinuncia al rimborso delle spese direttamente connesse alla prestazione dell’attività professionale oggetto della convenzione;
  • Nella previsione di termini di pagamento superiori a 60 giorni dalla data di ricevimento da parte del cliente della fattura o di una richiesta di pagamento di contenuto equivalente;
  • Nella previsione che, in ipotesi di liquidazione delle spese di lite in favore del cliente, all’avvocato sia riconosciuto solo il minore importo previsto nella convenzione, anche nel caso in cui le spese liquidate siano state interamente o parzialmente corrisposte o recuperate dalla parte;
  • Nella previsione che, in ipotesi di nuova convenzione sostitutiva di altra precedentemente stipulata con il medesimo cliente, la nuova disciplina sui compensi si applichi, se comporta compensi inferiori a quelli previsti nella precedente convezione, anche agli incarichi precedenti o, comunque, non ancora definiti o fatturati;
  • Nella previsione che il compenso pattuito per l’assistenza e la consulenza in materia contrattuale spetti soltanto in caso di sottoscrizione del contratto.

In presenza di una di queste clausole, opera la sanzione della nullità, pertanto nonostante l’apposizione della clausola.
Va specificato che si tratta di una nullità solo parziale, quindi il contratto continuerà ad essere valido fra le parti, fatta eccezione per la clausola vessatoria, che sarà sostituita di diritto da condizioni più eque previste per legge.

In secondo luogo, il legislatore è intervenuto individuando un le caratteristiche che deve avere il compenso del libero professionista affinché possa essere considerato equo: quest’ultimo deve essere proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, nonché deve risultare conforme al contenuto e alle caratteristiche della prestazione.

In conclusione, vanno evidenziati i requisiti necessari al fine di poter accedere alle tutele ora descritte. Si fa riferimento all’appartenenza del prestatore di servizi alla categoria del libero professionista; ed alla sussistenza di una relazione professionale disciplinata da una convenzione predisposta unilateralmente da un cliente cd. forte, senza che il lavoratore autonomo abbia quindi potuto esercitare alcuna influenza sul contenuto della stessa. Sussiste peraltro la presunzione per la quale le convenzioni in oggetto si reputino unilateralmente predisposte dalle imprese bancarie o dalle imprese assicurative o dalle grandi imprese, salva la prova contraria, l’onere della quale incombe sulle imprese stesse.


Nonostante la legge sull’equo compenso sia stata emanata avendo riguardo di tutti i liberi professionisti, il dettato della legge fa riferimento in particolare a coloro che esercitano la pratica forense, per tale motivo per valutare l’equità del compenso offerto all’avvocato sarà necessario fare specifico riferimento ai parametri previsti dal Ministero della giustizia (D.M. n. 55/2014).